Risarcimento danni da chirurgia estetica mal eseguita

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Questa è una delle sentenze in materia, ho evidenziato in rosso le parti salienti, ma leggerla per intero e con attenzione vi gioverà.. Buona lettura!


    In caso di danno lamentato a seguito di intervento di
    chirurgia estetica, occorre stabilire il nesso di causalità tra il danno e l’intervento e la colpa del chirurgo.


    Qualora le conseguenze dannose siano da ricondurre, senza dubbio, all’intervento, in quanto la condotta ha costituito un antecedente necessario dell’evento, per quanto riguarda la colpa, dovendosi applicare i principi generali in tema di inadempimento contrattuale cioè l’esistenza del contratto, mentre è onere del medico provare l’inesistenza dell’inadempimento o che lo stesso non dipende da sua colpa, la mancanza della suddetta, e l’assenza di fattori imprevedibili, di anomala reazione dell’organismo dovuta alle condizioni soggettive della paziente, comportano l’individuazione in capo al medico dell’onere risarcitorio.

    Tribunale Roma, sez. XIII, 12 gennaio 2006



    Tribunale Roma, 12 gennaio 2006, sez. XIII


    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con atto di citazione regolarmente notificato, S. N. conveniva dinanzi a questo Tribunale E. B..
    L'attrice esponeva che:
    - il 18.9.2000 si era sottoposta ad un intervento di mastoplastica additiva bilaterale con finalità estetiche, eseguito da E. B.;
    - prima dell'intervento, non le era stata fornita alcuna seria e completa informazione sui rischi ad esso connessi;
    - l'intervento non solo non aveva sortito l'effetto sperato, ma anzi aveva generato effetti deturpanti, per eliminare i quali l'attrice era stata costretta a sottoporsi ad un secondo intervento chirurgico, che comunque aveva attenuato, ma non eliminato gli inestetismi.
    Concludeva pertanto chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza dei fatti sopra descritti.
    La convenuta si costituiva regolarmente, eccependo:
    - di avere correttamente eseguito l'intervento;
    - che la paziente si era resa irreperibile dopo l'intervento, e non aveva perciò consentito al medico di darle le necessarie indicazioni postoperatorie.
    Chiedeva perciò il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice al pagamento delle protesi e del secondo intervento eseguito nel marzo 2001. In subordine, chiedeva di essere tenuta indenne dal proprio assicuratore della r.c., la Fondiaria SAI s.p.a., che provvedeva contestualmente a chiamare in causa.
    La Fondiaria SAI si costituiva regolarmente, eccependo:
    - la non indennizzabilità del sinistro, in quanto il contratto prevedeva l'indennizzabilità delle sole richieste di risarcimento pervenute all'assicurato nella vigenza della polizza; questa era scaduta l'11.6.2002, mentre la prima richiesta di risarcimento all'assicurata era pervenuta il 5.11.2002;
    - nel merito, l'assenza di responsabilità della propria assicurata.
    Nel corso dell'istruzione venivano acquisiti documenti, raccolta prova testimoniale, disposta consulenza tecnica medico-legale sulla persona dell'attrice.
    Esaurita l'istruzione e precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 22.9.2005.


    MOTIVI DELLA DECISIONE
    1. Ai fini dell'accoglimento della domanda attorea occorre stabilire:
    (a) se sussista un valido nesso causale tra il danno lamentato dall'attrice e la condotta della convenuta;
    (b) in caso di risposta affermativa al quesito sub (a), se la suddetta condotta abbia avuto o meno natura colposa.
    2. Nesso causale.
    L'accertamento del nesso causale deve essere compiuto con le regole del diritto: e dunque alla luce dei princìpi consacrati dagli artt. 40 e 41 c.p., i quali pongono una regola (quella dell'equivalenza causale temperata) pervasiva dell'intero ordinamento (ex permultis, Cass., sez. III, 10-05-2000, n. 5962, in Arch. circolaz., 2000, 840), applicabile anche in tema di illecito civile od inadempimento contrattuale (rispetto ai quali la norma di cui all'art. 1223 c.c., per contro, disciplina un ben diverso nesso causale, e cioè quello tra evento lesivo e conseguenze dannose: cfr., ex multis, Cass., sez. III, 21-12-2001, n. 16163, in Foro it. Rep., 2001, Responsabilità civile, n. 162).
    Nell'interpretare queste regole, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che un valido nesso causale tra una condotta illecita ed un evento di danno può ritenersi sussistente allorché ricorrano due condizioni:
    (a) che la condotta abbia costituito un antecedente necessario dell'evento, nel senso che questo rientri tra le conseguenze "normali" del fatto (con l'avvertenza che il concetto di "normalità" non coincide con quello di "frequenza");
    (b) che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento (ex multis, Cass., sez. III, 15-02-2003, n. 2312, in Dir. e giustizia, 2003, fasc. 10, 45; Cass., sez. III, 22-10-2003, n. 15789, in Foro it. Rep. 2003, Responsabilità civile, n. 164).
    2.1. Nel caso di specie, tali criteri risultano soddisfatti.
    Dal fatto noto che, in esito ai due interventi eseguiti dalla convenuta, l'attrice presentasse il seno destro in posizione fortemente eccentrica rispetto alla controlaterale (cfr. fotografie allegate c.t.u.) rende ex se evidente l'esistenza del nesso causale tra l'intervento e l'inestetismo, secondo la massima di esperienza post hoc, ergo propter hoc. Né varrebbe obiettare che tale asimmetria fosse preesistente all'intervento, giacché la finalità di quest'ultimo era appunto quello di eliminare gli inestetismi o le imperfezioni fisiche avvertite dall'attrice come tali, non certo di accentuarli.
    3. Colpa.

    Secondo l'ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, chi lamenta l'inadempimento di una obbligazione contrattuale deve soltanto dimostrare l'esistenza e l'efficacia del contratto, mentre è onere del convenuto dimostrare o di avere adempiuto, ovvero che l'inadempimento non è dipeso da propria colpa (cfr., da ultimo, Cass. sez. un. 30.10.2001 n. 13533, in Dir. e giust., 2001, fasc. 42, 26).
    Tali princìpi trovano applicazione anche nell'ipotesi di responsabilità professionale del medico. In questi casi è dunque onere del medico dimostrare ex art. 1218 c.c. che il danno non sussiste, ovvero non è dipeso da propria colpa (ex permultis, Cass., sez. III, 23-05-2001, n. 7027, in Danno e resp., 2001, 1165; Cass., sez. III, 06-10-1997, n. 9705, in Giust. civ., 1998, I, 424; nonché, per la giurisprudenza di questo Tribunale, ex multis, Trib. Roma 30.11.2003, Plaitano c. Toscana, inedita; Trib. Roma 30.6.2003, Felix c. Marcorelli, inedita; Trib. Roma 1.8.2003, Nardozi c. Diotallevi, inedita).

    3.1. Ciò premesso in iure, deve rilevarsi in facto come nel caso di specie la convenuta non abbia superato la presunzione posta a suo carico dal ricordato art. 1218 c.c..
    E. B., infatti, non ha né allegato, né provato, né chiesto di provare, che l'infelice esito dell'intervento sia dovuto - ad esempio - a fattori imprevedibili, ad una particolare ed anomala reazione dell'organismo dovuta alle condizioni soggettive della paziente, alla necessità di evitare altri e più gravi danni.
    La domanda come formulata nei confondi deve pertanto essere accolta.
    4. Il danno.
    A) danno alla persona:
    secondo le conclusioni cui sono pervenuti i Consulenti Tecnici d'Ufficio, in conseguenza del fatto di cui è causa S. N. avrebbe subìto un evento biologico, inteso quale lesione della struttura complessa dell'organismo umano, consistito in un evidente inestetismo della mammella destra.
    Tale evento biologico si sostanzia in una lesione della salute così quantificata dai C.T.U.:
    -) 3% di invalidità permanente, eliminabile attraverso l'esecuzione di un intervento parzialmente correttivo;
    -) 15 giorni di invalidità temporanea assoluta;
    -) 15 giorni di invalidità temporanea relativa al 50%.
    Le conclusioni cui sono pervenuti i cc.tt.uu. su questo punto non possono essere condivise.
    4.1. Come noto, secondo i dettami della scienza medico legale il grado di invalidità permanente causato da esiti cicatriziali deturpanti va stabilito avendo riguardo all'estensione delle cicatrici, al colore, all'andamento, alla posizione, al fatto che riguardino o meno parti del corpo solitamente esposte all'osservazione altrui.
    Nel caso di specie, le fotografie allegate alla c.t.u. palesano esiti deturpanti di media gravità. La mammella destra è infatti di forma e posizione diverse rispetto alla sinistra, e spostata verso il basso. Or bene, secondo il baréme medico legale cui era stato chiesto ai cc.tt.uu. di fare riferimento (Bargagna ed all., Guida orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Milano 1996, che tratta l'argomento alle pp. 237-239), una invalidità del 3% corrisponde ad un pregiudizio estetico definito "da pressoché nullo a molto lieve". Nel suddetto testo si aggiunge che i pregiudizi estetici quantificabili in invalidità fino al 5% consistono normalmente in "esiti di minime alterazioni". Questa descrizione nosografica appare in stridente contrasto con la realtà clinica del caso di specie, caratterizzata da un deturpamento evidente, esteso, e relativo ad una porzione corporea la cui eumorfia gioca un ruolo primario nell'equilibrio psichico della persona di sesso femminile.
    4.2. Posto dunque che il grado di invalidità permanente suggerito dai cc.tt.uu. non è corrispondente alla obiettività clinica come emersa nel corso del giudizio, occorre stabilire se tale valutazione più ristretta rispetto a quella suggerita dalla nosografia medico legale possa essere giustificata dalla circostanza che il danno causato dal chirurgo abbia attinto non individuo esteticamente integro, ma una persona che già prima dell'intervento presentava evidenti inestetismi, rappresentati da ipotrofia ed ipoplasia delle ghiandole mammarie (cfr. fotografie allegata al fasc. di parte convenuta).
    Questa circostanza in facto pone in iure il seguente problema: se l'invalidità permanente derivata dall'insuccesso di un intervento di chirurgia estetica, eseguito su persona già esteticamente menomata, debba essere determinata su base "100", e cioè come se il danno avesse attinto una persona esteticamente integra prima dell'intervento, ovvero sia necessario in questi casi determinare il grado di invalidità permanente tenendo conto del fatto che, anche senza l'intervento del medico, il paziente comunque avrebbe dovuto tollerare una seria compromissione dell'integrità estetica.
    4.3. Per dare risposta al quesito di cui al che precede occorre muovere dalla considerazione che il danno biologico è un danno disfunzionale: esso costituisce infatti una perdita di natura personale, pari alla differenza tra il modo di essere e di agire della vittima prima del sinistro, rispetto al modo di essere ed agire della stessa persona dopo il sinistro.
    Per convenzione, tale scarto si misura facendo pari a 100 l'ideale grado di validità biologica di una persona sana, e misurando in punti percentuali su questa base il quantum di salute perduto. Se, dunque, le condizioni di salute pregresse della vittima non erano perfette, di tale circostanza occorre tenere conto nel determinare il grado di invalidità permanente.
    Questo criterio non è tuttavia applicabile rigidamente nel caso di effetti deturpanti derivanti da interventi di chirurgia estetica, per due motivi.
    Il primo motivo è che l'intervento di chirurgia estetica, salva diversa pattuizione delle parti il cui onere grava sul medico, deve presumersi avere ad oggetto una obbligazione di risultato, come ripetutamente stabilito da questo Tribunale (Trib. Roma, 01-06-2001, in Giurisprudenza romana, 2001, 354; Pret. Roma 17.12.1998, ivi, 1999, 239; Trib. Roma 15.1.1998, ivi, 1998, 186; Trib. Roma, 23-12-1996, in Arch. civ., 1997, 178; Trib. Roma, 05-10-1996, in Giurispr. romana, 1997, 9). Ed infatti colui il quale si rivolge al chirurgo plastico per finalità puramente estetiche intende rimuovere un difetto, non curare una malattia: dunque intende conseguire un risultato preciso, precipuo e determinato, ed a tale volontà di norma aderisce il chirurgo, non di rado proponendo al paziente anche diverse soluzioni circa i risultati conseguibili. Ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell'aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, e ne determina la natura.
    Pertanto la "perdita personale" causata dall'insuccesso dell'intervento di chirurgia estetica non va determinata avendo riguardo allo stato di salute anteriore all'intervento, ma avendo riguardo allo stato di salute che il paziente avrebbe conseguito in caso di successo. Mutuando un lessico proprio dei diritti patrimoniali, si potrebbe dire che l'inadempimento dell'obbligazione gravante sul chirurgo estetico fa sorgere nel paziente il diritto al risarcimento dell'interesse positivo (l'id quod interest opus fuisse), e non di quello negativo. Ove infatti il chirurgo si fosse comportato con perizia e diligenza, il paziente avrebbe ottenuto l'eumorfia del proprio aspetto: ed il mancato conseguimento di quest'ultima costituisce il danno risarcibile. Dunque il grado di invalidità permanente causato dall'insuccesso dell'intervento di chirurgia estetica va calcolato avendo riguardo a quale sarebbe stata la complessiva efficienza dell'individuo, nel caso di diligente esecuzione dell'intervento.
    Il secondo motivo che, nei casi come quello di specie, vieta di calcolare il grado di i.p. in misura ridotta in ragione della preesistente situazione di compromessa efficienza estetica del paziente, è che diversamente opinando la negligenza del medico sarebbe premio a se stessa. Ed infatti, mentre l'insuccesso di un intervento su persona sana comporterebbe per il medico l'obbligo di risarcire il danno alla salute liquidato secondo i criteri ordinari, l'insuccesso di un intervento eseguito su una persona portatrice di patologie od inestetismi pregressi comporterebbe per il medico un obbligo risarcitorio tanto minore, quanto maggiore era la gravità delle preesistenze. Dunque la responsabilità si ridurrebbe proprio là dove si dovrebbe invece esigere maggiore zelo ed attenzione: e l'evidente assurdità della conclusione dimostra la fallacia della premessa da cui muove.
    In conclusione, la circostanza che prima dell'intervento ricostruttivo l'attrice fosse portatrice di ipoplasia e ipotrofia mammaria non può incidere sulla determinazione del grado di invalidità permanente residuato all'evento, il quale va determinato misurando lo "scarto" tra l'attuale condizione di salute dell'attrice, e quella che sarebbe presumibilmente residuata in caso di corretta esecuzione dell'intervento. Pertanto, alla luce del baréme sopra ricordato, tale grado di invalidità permanente va più correttamente determinato nella misura dell'8% (classe II, inestetismo "da lieve a moderato").
    5. Alla luce delle considerazioni che precedono, tenuto conto della gravità delle lesioni e dell'età del soggetto leso; posto in relazione il concreto evento biologico con il quadro completo delle funzioni vitali in cui poteva e potrà estrinsecarsi l'efficienza psicofisica della danneggiata, secondo l'insegnamento del giudice di legittimità (Cass., sez. III, 11-08-2000, n. 10725; Cass., sez. III, 25-05-2000, n. 6873; Cass., sez. III, 13-04-1995, n. 4255, in Resp. civ., 1995, 519; Cass., sez. III, 18-02-1993, n. 2008, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1993, 790), si ritiene equo ex art. 1226 c.c. liquidare il danno personale patito dall'attrice come segue:
    1) a titolo di risarcimento di quell'aspetto del danno non patrimoniale rappresentato dalla lesione permanente dell'integrità psicofisica, nella misura di euro 9.962,00 attuali
    Si perviene a tale importo opportunamente adattando il valore monetario base del punto di invalidità (pari ad euro 1.465,00, secondo la tabella uniformemente adottata da questo Tribunale) in funzione aritmeticamente decrescente rispetto all'età del danneggiato, ed in funzione geometricamente crescente rispetto all'entità dei postumi, al fine di adattare il risarcimento alle peculiarità del caso concreto. Il risultato si ritiene, nel caso di specie, perfettamente rispondente alla concreta entità del danno, onde non necessitano variazioni equitative in più od in meno del valore monetario del punto d'invalidità, tenuto conto anche del fatto che non sono state allegate o dimostrate nella specie condizioni soggettive tali da giustificare le suddette variazioni (cfr., per l'eventualità che la personalizzazione del risarcimento coincida con l'importo risultante dalle "tabelle uniformi" predisposte dal singolo ufficio giudiziario, Cass. civ., sez. III, 20-01-2003, n. 737, inedita, ove si precisa che "il giudice, che determini il valore punto in relazione all'entità delle lesioni e all'età del soggetto leso, non è tenuto a prendere in esame altre circostanze astrattamente idonee ad incidere sulla valutazione, se non siano state specificamente dedotte dal danneggiato per ottenere una liquidazione diversa da quella corrispondente ai valori medi", e Cass., sez. III, 19-05-1999, n. 4852, in Foro it., 1999, I, 2874).
    5.1. Ininfluente sul risarcimento come sopra liquidato è la circostanza che il pregiudizio estetico patito dall'attrice possa essere eliminato con un nuovo intervento.Infatti la scelta di sottoporsi a tale intervento, in quanto concernente il diritto personalissimo alla salute, è rimessa unicamente al titolare di quel diritto. Di conseguenza colui il quale abbia patito un danno alla salute, emendabile con ulteriori interventi, non può mai ritenersi "obbligato" a sottoporsi a questi ultimi, a meno che non si tratti di interventi assai modesti, rutinari, e con pochi o nessun rischio: tutte circostanze non ricorrenti nel caso di specie, nel quale l'eventuale intervento cui l'attrice si dovrebbe sottoporre per correggere l'asimmetria del seno andrebbe praticato in anestesia generale, comporterebbe un non breve periodo di degenza, e comunque presenterebbe il rischio di cicatrici ipertrofiche, definito dai cc.tt.uu. connaturale ad interventi di questo tipo ed "imprevenibile" (cfr. c.t.u., p. 12).
    5.2. A titolo di risarcimento di quell'aspetto del danno non patrimoniale rappresentato dalla invalidità temporanea, appare equo liquidare a S. N. le somme di :
    -) per l'invalidità temporanea assoluta, euro 600 attuali (pari a euro 40 per ogni giorno di invalidità, valore che nel caso di specie si ritiene costituire un equo ristoro del pregiudizio personale subìto dal danneggiato, secondo il criterio uniformemente adottato da questo tribunale);
    -) per l'invalidità temporanea relativa, euro 300 attuali (pari a euro 40 per ogni giorno di invalidità, proporzionalmente ridotti in funzione del grado di percentuale della invalidità medesima).
    5.3. Poiché l'illecito civile di cui è causa integra gli estremi del reato di cui all'art. 590 c.p. (e comunque, anche a prescindere dall'esistenza di reato, trattasi di illecito che ha leso interessi della persona di rango costituzionale, e quindi obbliga l'offensore al ristoro del danno morale anche a prescindere dall'esistenza di un reato, secondo il più recente orientamento del giudice di legittimità: cfr. Cass. 31.5.2003 n. 8827 e Cass. 31.5.2003 n. 8828, nonché Corte cost. 11.7.2003 n. 233), S. N. ha altresì diritto al risarcimento di quell'aspetto del danno non patrimoniale rappresentato dalla sofferenza morale in senso stretto.
    Considerata la natura del fatto, i postumi del sinistro, il tipo di cure ricevute, la necessità di sottoporsi ad un secondo intervento, appare equo liquidare tale danno nella misura di euro 3.620,67 attuali (pari ad 1/3 del danno biologico).
    5.4. Danno patrimoniale:
    Non sono stati provati danni patrimoniali di sorta.
    In particolare, il costo il corrispettivo pagato alla convenuta a titolo di onorario professionale non costituisce un credito risarcitorio, ma un credito restitutorio, che potrebbe scaturire - una volta che il contratto ha avuto esecuzione - soltanto da una pronuncia di risoluzione ex art. 1453 c.c., la quale avrebbe richiesto una domanda ad hoc.
    Nemmeno costituiscono danno in senso tecnico le spese sostenute per il compenso al c.t.p., le quali vanno inscritte tra le spese di lite, non tra i danni risarcibili.
    5.5. Alla danneggiata va inoltre attribuita la somma di euro 2.584,36 a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante consistito nel mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento, somma che - ove posseduta ex tunc - sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un lucro finanziario.
    Tale importo è stato determinato equitativamente ex art. 2056 co. I c.c., secondo l'insegnamento della S.C. (cfr. Cass. Sez. Un. 17 febbraio 1995, n. 1712), col metodo seguente:
    - a base di calcolo si è assunta non la somma sopra liquidata (cioè espressa in moneta attuale), ma una somma pari alla media tra l'ammontare del risarcimento devalutato all'epoca in cui è sorto il credito (in base all'indice FOI elaborato dall'Istat), e l'ammontare del risarcimento espresso in moneta attuale;
    - su tale importo si è applicato un saggio di rendimento ricavato - equitativamente - dalla media ponderata del rendimento dei titoli di stato e dal tasso degli interessi legali (3,45%), in base alla considerazione che parte attrice, se fosse tempestivamente entrata in possesso della somma a lei spettante a titolo di risarcimento, l'avrebbe verosimilmente impiegata (arg. ex art. 2727 c.c.) nelle più comuni forme di investimento accessibili al piccolo risparmiatore (BOT, CCT, obbligazioni);
    - il periodo di temporanea indisponibilità della somma liquidata a titolo di risarcimento è stato computato con decorrenza dalla data dell'illecito (18.9.2000).
    Sull'intera somma liquidata a titolo di risarcimento, pari a euro 17.067,02, decorrono gli interessi legali dal giorno della pubblicazione della sentenza.
    6. La Fondiaria SAI ha negato il proprio obbligo indennitario nei confronti dell'assicurata E. B., in virtù dell'art. 1 delle Condizioni generali di assicurazione, intitolato "Validità dell'assicurazione - "Claims Made", secondo cui:
    "L'assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'Assicurato e da questi denunciate a La Fondiaria nel corso del periodo di assicurazione, qualunque sia l'epoca in cui sia stato commesso il fatto che ha dato origine alla richiesta di risarcimento.
    Ai sensi di quanto previsto dagli artt. 1892 e 1893 c.c. l'Assicurato dichiara di non aver ricevuto alcuna richiesta di risarcimento in ordine a comportamenti colposi posti in essere prima della stipulazione del contratto e di non essere a conoscenza di atti o fatti che possanocomportare richiesta di risarcimento a termini di polizza".
    Nel caso di specie, ha precisato la Fondiaria, il contratto era stato "annullato" (sic) a far data dal 11.6.2002, mentre S. N. ha formulato la propria richiesta risarcitoria in epoca successiva a tale data.
    6.1. L'eccezione sollevata dalla Fondiaria è infondata per due indipendenti ragioni.
    La prima ragione è che dell'allegato "annullamento" del contratto non vi è prova alcuna.
    Ricordato che l'annullamento del contratto è previsto dalla legge solo per i casi di vizio della volontà (errore, dolo, violenza), e che pertanto probabilmente la società chiamata in causa ha inteso fare riferimento ad un recesso unilaterale, si rileva come la Fondiaria abbia inteso fornire la prova di tale recesso unilaterale attraverso due documenti (all.ti 3 e 4 al fasc. Fondiaria). Ambedue questi documenti sono rappresentati da messaggi scambiati via telefax tra un internum corporis della Fondiaria (l'ispettorato sinistri) e un agente di quest'ultima società. Questi documenti pertanto non dimostrano in alcun modo che la volontà della Fondiaria di recedere dal contratto (recte, di non volersi avvalere della clausola di tacito rinnovo) sia stata debitamente portata a conoscenza dell'assicurato, unico modo affinché tale volontà potesse produrre i propri effetti.
    Aggiungasi che nel documento allegato sub 3 al fasc. Fondiaria si legge che l'agente, comunicando con l'ispettorato sinistri, comunicava a quest'ultimo che la polizza stipulata da E. B. era stata "rinumerata" a causa di uno "scorporo dell'agenzia B.-T.": indice evidente, quest'ultimo, che il contratto in questione non è stato mai risolto né annullato, evidente essendo che non basta "rinumerare" una polizza per ritenerla risolta.
    6.2. La seconda ragione per la quale l'eccezione sollevata dalla Fondiaria SAI è infondata è che la clausola 1.1. delle condizioni generali, sopra trascritta, è nulla.
    Quella previsione contrattuale rientra nel genus delle clausole c.d. claim's made". Per effetto di tale pattuizione, assai ricorrente nei contratti di assicurazione della responsabilità civile, l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto quest'ultimo dovesse pagare a terzi in conseguenza di un illecito civile, a condizione che:
    (a) il fatto illecito sia stato commesso durante il periodo di assicurazione, ovvero prima, entro un limite temporale variamente determinato nei singoli contratti;
    (b) la richiesta di risarcimento proveniente dal terzo sia pervenuta all'assicurato entro il termine di efficacia del contratto.
    6.2.1. La validità e l'efficacia di tali clausole ha dato luogo ad un acceso dibattito in dottrina ed in giurisprudenza.
    Secondo un primo orientamento, tali clausole sarebbero radicalmente nulla, nonostante qualsiasi pattuizione contraria, in quanto contrarie alla previsione di cui all'art. 1917, comma 1, c.c., in virtù del quale "nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo (...)" (in questo senso, Trib. Bologna 2.10.2002, Rossetto c. Checchi, inedita).
    Per un secondo orientamento, invece, le clausole claim's made non sarebbero nulle di per sé, ma semplicemente vessatorie: esse pertanto non producono effetti se non sottoscritte due volte, ai sensi dell'art. 1341 c.c. (così App. Napoli 28.2.2001, AXA c. Pisani, inedita; nonché, parrebbe, Trib. Crotone 8.11.2004, Magro c. ASL n. 5, inedita, la cui motivazione peraltro è troppo stringata per desumerne princìpi generali).
    Di recente, la S.C. sembra avere adottato una tesi intermedia, stabilendo che le clausole claim's made non sono nulle, ma che possono concretamente risultare vessatorie, secondo un apprezzamento devoluto al giudice di merito (Cass., sez. III, 15.3.2005 n. 5624, in www.lexfor.it).
    6.2.2. Ritiene questo tribunale, dopo approfondita riflessione, che sulla questione qui in esame meriti di essere rivisto l'orientamento in precedenza seguito da questo Giudice (Trib. Roma 2.2.2005, Quarta c. Santori, inedita), e vada invece condiviso il primo degli orientamenti sopra ricordati, secondo cui la clausola claim's made è nulla, per i motivi che seguono.
    6.2.3. Nel contratto di assicurazione contro i danni elemento essenziale è il rischio: la mancanza di esso comporta infatti la nullità del contratto (art. 1895 c.c.), la sua cessazione lo scioglimento del vincolo (art. 1896 c.c.).
    In quanto elemento essenziale del contratto di assicurazione, il rischio (inteso qui quale situazione di rischio) deve preesistere alla stipula del contratto, e perdurare dopo tale momento.
    In tema di nullità del contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, l'art. 1895 c.c. prevede due ipotesi.
    La prima ipotesi di nullità prevista dall'art. 1895 c.c. è che il rischio non sia mai esistito, e ciò può accadere (nell'ass. contro i danni) quando la res oggetto dell'interesse protetto non esiste, ovvero non è mai stata esposta al pericolo di pregiudizio.
    La seconda ipotesi di nullità prevista dall'art. 1895 c.c. è che il rischio abbia cessato di esistere prima della stipula del contratto. Questa norma conferma indirettamente che il rischio dedotto nel contratto deve essere un evento futuro ed incerto. L'ipotesi della cessazione del rischio anteriore alla stipula può ricorrere, ad es., quando l'evento temuto si è già verificato.
    Da quanto esposto discende che la legge non consente né l'assicurazione retroattiva, cioè i cui effetti si producano da una data anteriore a quella della stipula del contratto (in tal senso già App. Milano 23.2.1968, in Assicurazioni 1969, II, 83), né l'assicurazione di rischi già verificatisi, ancorché le parti ne ignorino l'esistenza (c.d. rischio putativo). La conferma di tale conclusione si rinviene nel fatto che là dove il legislatore ha inteso consentire l'assicurazione di rischi putativi, l'ha fatto espressamente (art. 514 cod. nav.).
    Per "rischi già verificatisi" tuttavia debbono intendersi non solo gli eventi dannosi materialmente avvenuti prima della stipula del contratto, ma anche quelli i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula. In questo caso nulla rileva che l'evento si sia concretamente verificato dopo la stipula del contratto, quando l'avveramento del sinistro non rappresenta che una conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti prima di tale momento. Così ad es., sarebbe nullo il contratto di assicurazione del credito se il fallimento del debitore dell'assicurato, dichiarato dopo la conclusione del contratto, sia stato reso inevitabile dal compimento di atti pregiudizievoli in epoca anteriore alla stipula; così come sarebbe del pari nullo il contratto di assicurazione contro il rischio di crollo di un immobile, se al momento della stipula si era già verificato il cedimento del terreno su cui poggiava l'edificio, e che ha prodotto quale conseguenza inevitabile il crollo della costruzione.
    Or bene, nell'assicurazione della r.c. il "rischio" dedotto in contratto è l'impoverimento dell'assicurato, conseguente ad esborsi risarcitori a loro volta derivanti da fatti illeciti commessi dall'assicurato medesimo. Pertanto, sebbene l'assicurato patisca materialmente il pregiudizio quando il terzo danneggiato esiga il risarcimento, non v'è dubbio che il "rischio" dedotto nel contratto è rappresentato non dalla richiesta di risarcimento proveniente dal terzo, ma dalla commissione di illeciti colposi da parte dell'assicurato.
    Ne consegue che la clausola claim's made, consentendo l'indennizzabilità di rischi già verificatisi al momento della stipula del contratto, è nulla ex art. 1895 c.c., in quanto rappresenta l'assicurazione di un rischio putativo.
    Ne consegue che la Fondiaria SAI s.p.a. va condannata a tenere indenne l'assicurata di tutte le somme che dovesse pagare all'attrice in esecuzione della presente sentenza, nei limiti del massimale.
    7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.


    P.Q.M.
    il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
    -) condanna E. B. al pagamento in favore di S. N. della somma di euro 17.067,02, oltre interessi come in motivazione;
    -) condanna E. B. alla rifusione in favore di S. N. delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 3.927 per spese (comprensive di compenso al c.t.u. ed al c.t.p.); euro 1.883 per diritti di procuratore; euro 5.900 per onorari di avvocato, per complessivi euro 11710, oltre spese generali ex art. 14 d.m. 8.4.2004 n. 127, I.V.A. e C.N.A..
    Così deciso in Roma, nella tredicesima sezione civile del Tribunale, addì 12.1.2006.
    Il Giudice est.
    (dott. Marco Rossetti)
     
    .
  2. theinfre
        Like  
     
    .

    User deleted


    lavazza e palledibronzo tremate
     
    .
  3.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Molti chirurghi si sentono "forti" perchè hanno disponibilità economica, buoni avvocati, e confidano molto nella "mancanza di motivazione" nell'instaurare un procedimento da parte dei lo pazienti.
    Ma le cose stanno cambiando, ottenuto un risarcimento s'innesca una reazione a catena, e le motivazioni crescono..
     
    .
  4. theinfre
        Like  
     
    .

    User deleted


    [QUOTE=Avv. Natan,17/6/2010, 22:55]
    Molti chirurghi si sentono "forti" perchè hanno disponibilità economica, buoni avvocati, e confidano molto nella "mancanza di motivazione" nell'instaurare un procedimento da parte dei lo pazienti.


    purtroppo e' proprio cosi'
     
    .
  5. Calboni
        Like  
     
    .

    User deleted


    Al proposito sarebbe buona cosa creare comitati. Non ricordo il nome di un film... appena mi viene in mente il titolo...
     
    .
  6.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Uno è "le ali della libertà" ma non so se ti riferivi a questo..
     
    .
  7. Calboni
        Like  
     
    .

    User deleted


    Trovato! il film si chiama Erin Brockovich
    Non riguarda la chirurgia estetica, ma di come l'unione fa la forza contro i grandi (nel fim tratta il risarcimento dovuto dai danni di una centrale chimica), è una storia vera.
     
    .
  8.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Vero, il film con Julia Roberts..

    Erin Brockovich, segretaria precaria di uno studio legale e madre trentenne di tre figliolini, nubile dopo due divorzi, spinta da curiosità, intraprendenza e senso della giustizia, indaga sulla Pacific Gas and Electric Company che ha contaminato le falde acquifere di una cittadina californiana, provocando tumori ai residenti. Sostenuta dal suo principale, vince la battaglia legale, ottenendo per i 260 querelanti indennizzi per 333 milioni di dollari (più un assegno di 2 milioni per sé).
     
    .
  9.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    505
    Reputation
    +10

    Status
    Offline
    class action?
     
    .
  10.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Con il termine “class-action” (azione di classe) si fa riferimento a strumenti di tutela collettiva risarcitoria che consentono di attivare un unico processo per ottenere il risarcimento del danno subito da un gruppo di cittadini danneggiati dal medesimo fatto realizzato da una azienda scorretta.
     
    .
  11. desmopino
        Like  
     
    .

    User deleted


    salve io sono desmopino e ho subito nel 2008 un intervento che secondo me è stato deturpante basta guardare nei report del dottor koray che ha cercato di rendermi piu' naturale, io sarei disposto ad intrapendere un azione legale contro questo dottore e so che tanti altri sarebbero intenzionati su questo forum!!! anche perchè ho passato 2 anni d'inferno a livello psicologico!!

    lei cosa mi consiglia??
     
    .
  12.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    Ciao desmo,

    ho vosto il tuo caso ed in effetti il primo ht è stato deturpante, con Koray la situazione è molto migliorata, speriamo migliori ancora ovviamente.

    Appena ci sarà qualcuno molto motivato ad intentare una causa che mi contatterà, preparerò un atto di citazione, non presenterò parcella per la prima causa, ma solo le spese vive, documentate, di notifica, agenzia ecc.. ma non per la stesura dell'atto e la mia attività, che sarà a costo zero per il ricorrente. Le spese legali le avrò eventualmente solo in caso di vittoria direttamente dal chirurgo soccombente, per come liquidate dal giudice, per il gusto di tutti!
     
    .
  13. Iphotesy
        Like  
     
    .

    User deleted


    E' una giusta proposta sia eticamente che economicamente .
    In effetti c'è sempre l'incognita del consulente .
    In bocca al lupo . Che sia la prima di tante vittorie.
     
    .
  14. desmopino
        Like  
     
    .

    User deleted


    grazie della riposta immediata ora cerchero' di contattare gli altri utenti per concretizzare qualcosa!! unico problema non ho piu' la documentazione che attesti il tutto pero' ho testimoni e anche un assegno che ho dato al dottore!! ci potrebbero essere problemi!!
     
    .
  15.     Like  
     
    .
    Avatar

    Consulente Legale del Forum

    Group
    Consulenza legale
    Posts
    3,779
    Reputation
    +1
    Location
    Roma / Milano

    Status
    Offline
    CITAZIONE (Iphotesy @ 22/6/2010, 14:18)
    E' una giusta proposta sia eticamente che economicamente .
    In effetti c'è sempre l'incognita del consulente .
    In bocca al lupo . Che sia la prima di tante vittorie.

    Vedo che hai competenza, crepi il lupo specie a favore di chi deve ottenere un giusto risarcimento.
     
    .
47 replies since 17/6/2010, 20:59   5458 views
  Share  
.
Open chat