Profili civilistici della responsabilità medica

per il trapianto di capelli l'obbligazione è di risultato!!!

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    Ho trovato interessante questa relazione, spero possa chiarirvi alcuni punti salienti in ordine alla responsabilità medica.

    Diciamo pure che sono dei buoni spunti per la stesura di un atto di citazione (che tra l'altro sto preparando).

    IL RAPPORTO TRA STRUTTURA PRIVATA E PAZIENTE
    Se il medico è dipendente della struttura privata, è ovvia la responsabilità della casa di cura privata, ex art. 1228 c.c..
    Anche se il medico non è legato da un rapporto contrattuale con la struttura privata, è riconosciuta la responsabilità di quest'ultima sul presupposto che la casa di cura non possa gestire un'attività economica lucrosa, pretendendo di godere dei soli vantaggi senza accolarsi i rischi connessi.
    In particolare Cass. Sez. Un. n. 577 dell'11 gennaio 2008 ha statuito che: “nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi”.
    Tale rapporto trilatero tra paziente, medico libero professionista e casa di cura privata è stato inquadrato dalla giurisprudenza più recente nella categoria delle obbligazioni soggettivamente complesse con prestazione indivisibile ad attuazione congiunta.
    Infatti, da un lato, l'obbligazione del professionista si estende anche all'attività preliminare di verifica dell'idoneità della struttura sanitaria in cui deve operare (funzionalità degli apparecchi, dotazioni di emergenza, adeguata sterilizzazione dei locali) e, dall'altro, la casa di cura accetta il paziente esclusivamente in relazione alla capacità professionale del medico curante – secondo il personale gradimento espresso dalla casa di cura – a disposizione del quale dovranno essere messe le strutture tecniche e le risorse umane dell'azienda privata.
    Il tutto contraddistinto dall'unitarietà del risultato finale, che comporta un'obbligazione unitaria a carico di una pluralità di parti.
    Vi sarà quindi responsabilità solidale della casa di cura privata con il medico non dipendente della struttura (Cass. Sez. Un. n. 577 dell'11 gennaio 2008 e Cass. n. 4058 del 25 febbraio 2005).

    OBBLIGO DI DILIGENZA
    Il sanitario, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti alla propria attività professionale, è tenuto ad una diligenza che non è solo quella del buon padre di famiglia, ma è quella specifica del debitore qualificato (come richiesto dall’art. 1176, II° comma, cod. civ.), la quale comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituiscono la conoscenza dell’attività medica, la c.d. ars medica (v. Cass. 4 marzo 2004, n. 4400).
    Il grado di diligenza, pur da considerare in termini astratti e oggettivi, deve essere apprezzato in relazione alle circostanze concrete, tra le quali rientrano anche le dotazioni della struttura ospedaliera in cui lo stesso opera.
    La limitazione di responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 cod. civ., attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con l’esclusione dell’imprudenza e della negligenza.
    Infatti, anche nei casi di speciale difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza o imprudenza, dei quali il medico risponde in ogni caso (v. Cass. 11440/1997; Corte Cost. 166/1973).
    Conseguentemente, il professionista risponde anche per colpa lieve quando per omissione di diligenza ed inadeguata preparazione provochi un danno nell’esecuzione di un intervento operatorio o di una terapia medica, soprattutto se routinario.
    In sostanza, la limitazione della responsabilità del medico alle sole ipotesi di dolo o colpa grave si applica unicamente ai casi che trascendono la preparazione medica (v. Cass. nn. 499/2001; 4152/1995), ovvero perché la particolare complessità discende dal fatto che il caso non è stato ancora studiato a sufficienza, o non è stato ancora dibattuto con riferimento ai metodi da adottare (v. Cass. n. 8845/1995).
    La prova della difficoltà della prestazione è a carico del medico.

    ONERE DELLA PROVA RISPETTO ALL'OBBLIGO DI DILIGENZA
    L'inadempimento rilevante nell'ambito dell'azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno.
    Conseguentemente, il creditore-paziente non può allegare un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno (Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 577).
    Il debitore-medico ha l'onere di provare l'esatto adempimento, cioè di aver tenuto un comportamento diligente, e che l'esito negativo della sua attività è riconducibile ad eventi imprevedibili e inevitabili, ex art. 1218 cod. civ..
    Se l'intervento implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, ex art. 2236 c.c., allora il paziente deve provare il dolo o la colpa grave, mentre il medico, per andare esente da responsabilità, la propria diligenza parametrata alla difficoltà dell'intervento.

    OBBLIGO DI INFORMAZIONE
    Come detto, quello tra medico e paziente è un rapporto contrattuale, che si configura come una fattispecie a formazione progressiva, in cui vi sono due momenti qualificanti:
    1) quello dell'informazione da parte del medico al paziente, che, effettuata la diagnosi, indica la terapia e fornisce tutte le informazioni connesse;
    2) quello del consenso del paziente, se crede, all'attuazione della terapia proposta dal medico.
    All'obbligo dell'informazione a carico del medico corrisponde il diritto al consenso informato in favore del paziente, che è un diritto di credito del paziente nei confronti del medico, che trova fondamento negli artt. 13 (libertà personale) e 32 (salute) della Costituzione; quest'ultimo che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e stabilisce al II° comma che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
    Esso può riguardare anche la concreta situazione ospedaliera (le dotazioni ed apparecchi) per il migliore esercizio da parte del paziente del diritto di autodeterminazione all'intervento di terapia, diritto riconosciuto anche nel 4° comma del canone 32 del Codice di deontologia medica.
    La ratio del consenso informato risiede nel fatto che all'intervento medico, pur correttamente eseguito, possono essere connesse conseguenze negative, ovvero una lesione dell'integrità fisica e/o psichica del paziente (tutela del diritto soggettivo all'integrità psicofisica dell'individuo, art. 13 Cost.).
    V. in proposito Cass. 23 febbraio 2007 n. 4211; Cass. 15 settembre 2008 n. 23676 (a proposito di trasfusioni di sangue a pazienti Testimoni di Geova); in quest'ultima sentenza si giunge a statuire che: “deve essere riconosciuto al paziente un vero e proprio diritto di non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita”!!
    Natura contrattuale della responsabilità per omessa informazione.
    Il contenuto dell'obbligo informativo deve essere il più completo e comprensibile possibile e non si esaurisce nella mera sottoscrizione di un modulo.
    L'informazione deve essere adeguata ed esaustiva.

    PRINCIPIO DI COMPLETEZZA ED ESAUSTIVITA' DELL'INFORMAZIONE.
    La responsabilità sussiste anche se l'intervento è stato eseguito in maniera diligente ed il danno prodotto al paziente non è imputabile al sanitario ma rappresenta una mera complicanza possibile, in quanto vi è stata violazione del diritto all'autodeterminazione (scegliere e decidere della propria esistenza).
    Alcune polizze di R.C. professionale medica escludono la copertura assicurativa qualora non sia stato assolto l'obbligo di informazione del paziente.

    ONERE DELLA PROVA RISPETTO ALL'OBBLIGO DI INFORMAZIONE
    La prova del consenso informato grava sul medico, nel caso di contestazione da parte del paziente.

    OBBLIGO DI REGOLARE TENUTA DELLA CARTELLA CLINICA
    Il primario è il responsabile della regolare tenuta della cartella clinica, che rappresenta lo strumento essenziale per consentire al paziente di avere adeguata e doverosa informazione in merito al suo stato di salute, alla diagnosi e cura della sua malattia.
    Deve essere chiara, leggibile e completa.

    In sede penale, è considerata atto pubblico in ordine ad eventuali contraffazioni (falsità in atto pubblico), se tenuta da ospedale o casa di cura convenzionata con il SSN (delega di pubbliche funzioni conferita a soggetti privati dal SSN).

    IL NESSO DI CAUSALITA'
    E' quell'elemento che consente di ricondurre il danno alla responsabilità dell'agente.
    Trattandosi di rapporto contrattuale, dimostrato l'inadempimento del sanitario, il paziente-creditore può limitarsi a provare che i danni sono conseguenza immediata e diretta, ex art. 1223 c.c., dell'inadempimento.
    E' necessaria la prova del nesso di causalità per il riconoscimento del danno.
    Fino a circa un anno fa, anche in sede civile, veniva adottato il modello di causalità, improntato alla teoria della causalità giuridica adeguata o teoria della conditio sine qua non, ovvero la prova certa “al di là di ogni ragionevole dubbio” del nesso causale tra la condotta colposa del medico e l'evento lesivo per il paziente.
    Tale modello era stato puntualmente individuato nella nota sentenza delle Sezioni Unite penali della Suprema Corte dell'11 settembre 2002 n. 30328 (c.d. sentenza Franzese).
    Nell'ottobre del 2007 però la III sezione civile della Cassazione ritiene che: “il modello di causalità sì come disegnato funditus dalle sezioni unite penali mal si attaglia a fungere da criterio valido anche in sede di accertamento della responsabilità civile da illecito omissivo del sanitario” (Cass. 16 ottobre 2007 n. 21619).
    Secondo la Corte “il nesso di causalità (materiale) consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del “più probabile che non””.
    Il principio guida può essere formulato, all'incirca, in termini di rispondenza, da parte dell'autore del fatto illecito, delle conseguenze che “normalmente” discendono dal suo atto, a meno che non sia intervenuto un nuovo fatto rispetto al quale egli non ha il dovere o la possibilità di agire (c.d. teoria della regolarità causale e del novus actus interveniens).
    Tale mutato indirizzo è stato autorevolmente confermato dalle Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 581 dell'11 gennaio 2008, che, richiamando la citata pronuncia, ha affermato che lo: “standard di “certezza probabilistica” in materia civile ... va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) dipsonibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana)”.

    LA PROVA DEL NESSO DI CAUSALITA'
    Spetta alla parte attrice (paziente).
    E' indispensabile depositare la documentazione medico-legale precedente l'intervento, quella dell'intervento (cartella clinica) e quella della fase successiva (consulenza di parte), non essendo sufficiente chiedere soltanto l'ammissione di una c.t.u. medico legale.
    La giurisprudenza ha sviluppato un orientamento tipico di giustizia correttiva, secondo cui la perdita di elementi probatori imputabile al danneggiante (medico o struttura) si riflette negativamente su quest'ultimo.

    OBBLIGAZIONI DI RISULTATO IN AMBITO MEDICO
    Nelle ipotesi di trattamenti medici di chirurgia estetica vi è l'obbligo di raggiungere il risultato atteso dal paziente.
    Vanno però distinti i trattamenti di chirurgia plastica, diretti alla cura delle alterazioni anatomo funzionali di natura patologica, per i quali l'obbligazione resta di soli mezzi, dai trattamenti di chirurgia di natura estetica, finalizzati ad eliminare o ridurre alterazioni somatiche essenzialmente morfologiche; solo per questi ultimi l'obbligazione è di risultato (es. trapianto di capelli).

    RAGAZZI LEGGETE BENE, E' FONDAMENTALE: PER IL TRAPIANTO DI CAPELLI L'OBBLIGAZIONE E' DI RISULTATO

    LA PRESCRIZIONE
    Tenuto conto della natura contrattuale del rapporto medico-paziente, il termine prescrizionale è disciplinato dalla norma generale contenuta nell'art. 2946 c.c., che fissa in dieci anni il termine di prescrizione ordinaria di tutte le obbligazioni.
    La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il danno si è verificato e non da quello in cui è stato posto in essere l'atto illecito, qualora l'evento non sia contestuale alla condotta.
    Il dies a quo della prescrizione va però ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e della gravità del danno ovvero dal momento in cui sarebbe potuto pervenire a tale percezione usando la normale diligenza; quindi decorre dalla conoscenza o conoscibilità del danno (Cass. 21 febbraio 2003 n. 2645).
    Tale criterio è stato di recente ribadito dalle Sezioni Unite, seppur a proposito di contagio da emotrasfusioni, con le sentenze nn. 581 e 583 dell'11 gennaio 2008, con cui è stato stabilito che: “Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche”.

    Spero d'essere stato utile, come sempre rimango a disposizione per ogni eventuale chiarimento.
     
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  2. giusu
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    Il prb è riguardo il caso in cui la prestazione (nel caso di specie, l'intervento medico) avviene all'estero..
     
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    CITAZIONE (giusu @ 13/10/2010, 14:56)
    Il prb è riguardo il caso in cui la prestazione (nel caso di specie, l'intervento medico) avviene all'estero..

    No, non è affatto un problema, al contrario, se leggi di seguito vedrai che la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.

    Quindi se io sono di Roma e mi opero a Milano o a Bruxselles, è competente il giudice della mia città: il giudice di Roma!

    Gli strumenti per tutelarci ci sono, ma vanno utilizzati e soprattutto nel modo corretto.

    29.09.08 - Cassazione Civile: foro competente nelle cause con consumatori

    La Cassazione ha elaborato importanti principi di diritto in merito al foro competente nelle controversie tra professionisti e consumatori ed alle modalità di svolgimento delle trattative affinché possano essere riconosciute come valide le modifiche alla disciplina prevista dal Codice del Consumo.

    1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art. 33, comma 2 lett. u), Decreto Legislativo n. 206 del 2005 (e già dell'art. 1469 bis, 3 comma n. 19, c.c.) la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.

    2) Se il professionista, convenuto avanti al foro del consumatore, eccepisce l'incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto in ragione della sussistenza, nell'ambito di contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, di clausola contrattuale di proroga della competenza incombe al medesimo dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).

    Laddove sia viceversa il consumatore, convenuto avanti a foro diverso da quello suo proprio, a sollevare questione di incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto, al medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, spettando al professionista, che contrappone la sussistenza di una clausola di deroga al foro del consumatore, dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).

    3) La regola di ripartizione dell'onere probatorio indicata sub 2) si applica anche al contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali.

    4) Ai sensi dell'art. 34, comma 5, Decreto Legislativo n. 206 del 2005 (e già dell'art. 1469 ter, 50 co., c.c. ) spetta al professionista, che intende far valere un contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali dare la prova positiva che le clausole ( diverse da quella di deroga al foro del consumatore) sono state oggetto di trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).

    Ove sia il consumatore ad agire in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria o abusiva, al medesimo incombe allegare che la clausola accede a contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali.

    Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione - della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).

    5) La regola di ripartizione dell'onere probatorio indicata sub 4) si applica anche al contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, sicché spetta al professionista dare la prova positiva che le clausole sono state oggetto di trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.) incombe al consumatore che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria o abusiva (diversa da quella di deroga al foro del consumatore) allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui dell'art. 33, comma 2, d. 19s. n. 206 del 2005 ( e già dell'art. 1469-bis, 30 comma, c.c. ) i spetta invece al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento di trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad escludere l'applicazione - della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).

    6) L'aggiunta a penna della clausola nell'ambito di testo contrattuale dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell'idoneità della medesima a precludere l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).

    7) In mancanza della prova della trattativa, in base all'art. 36, comma 1, Decreto Legislativo n. 206 del 2005 le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.

    8) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d'ordine è inidonea a determinare, ai sensi dell'art. 1341, 20 co., c.c., l'efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di deroga all'ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che la stessa risulti dal predisponente chiaramente e 1469-bis, 30 co., c.c. ); spetta invece al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento di trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della j individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione - della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).

    6) L'aggiunta a penna della clausola nell'ambito di testo contrattuale dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell'idoneità della medesima a precludere l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).

    7) In mancanza della prova della trattativa, in base all'art. 36, comma l, Decreto Legislativo n. 206 del 2005 le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.

    8) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d'ordine è inidonea a determinare, ai sensi dell'art. 1341, 2 comma, c.c., l'efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di deroga all'ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che la stessa risulti dal predisponente chiaramente e autonomamente evidenziata, e dall'aderente specificamente ed autonomamente sottoscritta.

    (Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Ordinanza 26 settembre 2008, n. 24262: Contratto con consumatori - Foro esclusivo).
     
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  4. giusu
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    Tanto i testi legislativi quanto la giurisprudenza a cui fai riferimento sono prettamente "nostrani"..
    Mi spiego meglio:
    Mi opero a Roma ma sono di Milano in questo caso nulla questio...trova applicazione quanto da te evidenziato.
    Mi opero a Londra ma sono di Milano: chi la spunta??Medico o paziente?? Considera altretutto che quando ti fanno firmare carte e cartoffie sicuramente inseriscono qualcosa in deroga al diritto comune...
    Credo bisognerebbe vedere se sussiste qualche regolamento o direttiva europea di armonizzazione... :ph34r:
     
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  5. Brasilescu
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    Avv. Natan,
    innanzitutto grazie mille per questo servizio di supporto e consulenza legale agli utenti del forum.

    Ho due osservazioni importanti:

    1) Normalmente i chirurghi stranieri si premuniscono di farti firmare una dichiarazione in cui accetti come unico foro competente il foro territoriale del chirurgo. Mi ricordo chiaramente che il Dottor Wong mi fece firmare una dichiarazione in tal senso. Se il paziente non accetta questa condizione, l'operazione non si può fare.

    2) L'obbligazione di risultato è un concetto importante. Nel caso però di operazioni avvenute 10-15 anni fa, quando ancora non c'era l'ausilio di internet, è molto difficile stabilire quale poteva essere il risultato accettabile. Un chirurgo potrebbe portare a sua difesa il fatto che il risultato di 15 anni fa, raggiunto e documentato, fosse l'unico risultato ragionevolmente raggiungibile. Non mi riferisco ovviamente ai disastri conclamati, sui quali non ci può essere margine di discussione. Mi riferisco a bassa ricrescita, cicatrici evidenti o fori fatti con lame grandi. Questi chirurghi potrebbero sostenere che quelli erano gli standard, e sarebbe difficile costruire un impianto accusatorio su interventi fatti in epoca "arcaica".
    Anche oggi i migliori chirurghi del mondo non si azzarderebbero mai a condividere in anticipo una simulazione 3d dell'intervento come garanzia di risultato. Questo è tecnicamente possibile, ma nessuno - da quello che so io - lo fa. Quello che un chirurgo può fare è parlare di un range molto ampio per descrivere il risultato probabile. Questo proteggerà il paziente dai casi estremi - ricrescita 0- ma solo da quelli.

    Quindi credo sia importante ribadire che c'è una obbligazione di risultato, ma che esso nel contratto concluso tra paziente e chirurgo estetico è spesso vago, per il preciso volere del chirurgo. E che una azione legale che sia mirata ad accertare il risultato non è impossibile ma è non priva di ostacoli oggettivi.

    Saluti

     
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    Ottimo intervento, tutto quello che sostieni è valido.

    "[...]E che una azione legale che sia mirata ad accertare il risultato non è impossibile ma è non priva di ostacoli oggettivi."

    Non ho mai sostenuto il contrario. Tuttavia, proprio in questi giorni, sto per preparare una causa contro un chirurgo italiano, e la strada che seguirò sarà quella dell'accertamento tecnico preventivo.

    Senza fare quì una lezione di procedura civile, questo strumento permette la nomina di un CTU (consulente tecnico d'ufficio) che attraverso una perizia stabilirà il nesso di causalità, tra intervento e danno, ed entità del danno stesso.
    Ovviamente seguiranno le repliche di parte. A tal proposito avrò l'opportunità di essere supportato da un medico legale che è anche un ottimo chirurgo, ed ha quindi le dovute competenze in materia.

    Vi informerò sugli sviluppi.
     
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  7. Brasilescu
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    Caro Avvocato Natan,
    grazie per la replica.
    io sapevo di una riluttanza atavica dei medici, e in particolare di quelli molto bravi, nel prestarsi a fare i periti. Questo è stato sempre un ostacolo notevole ad azioni legali per danni derivanti da trattamenti medico chirurgici.

    Ora leggo che per l'azione legale a cui ti riferisci potrai contare su un professionista di livello, che quindi potrà dare credibilità all'impianto accusatorio.

    Sulla base della tua esperienza è questa una eccezione oppure effettivamente le cose sono cambiate e i medici sono più disponibili?

    Grazie
     
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    Qualcosa in tal senso è cambiato, però quello che affermi è veritiero, ho infatti dovuto lavorare non poco per trovare una tale collaborazione.

    Complimenti per i tuoi interventi molto pertinenti.
     
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  9. Brasilescu
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    Avvocato,
    nel thread si parla di ipotesi di azione contro il chirurgo.

    Prendiamo invece la situazione opposta, cioè un chirurgo che a seguito di un report di un utente non positivo e commentato in modo molto critico sui risultati scelga la strada dell'azione processuale contro l'utente o il facitore del report.

    Se non si configurano gli estremi oggettivi della diffamazione e dell'insulto personale è possibile per il citato in giudizio predisporre una riconvenzionale per lite temeraria?

    Parliamo di casi nei quali i commenti negativi sono sorretti da una solida documentazione, ovviamente.

    Inoltre potrebbe avere un effetto dissuasivo la intenzione da parte dell'utente di condividere in una sede pubblica l'intenzione del chirurgo di adire le vie legali con documentazione dei vari step processuali, a patto che gli atti siano pubblici?

    Credo che molti chirurghi provino spesso a spaventare gli utenti con queste citazioni, ma occorrerebbe che tutti fossero coscienti che chi fa una citazione in giudizio non è detto che la vinca...e come i chirurghi provano a spaventare gli utenti un bel contrappasso sarebbe per gli stessi chirurghi vedere il web inondato di informazioni pubbliche, trasparenti e verificabili sulle cause che intentano, magari solo per coprire errori madornali.

    Sai che pubblicità per un chirurgo vedersi documentato uno, due, dieci processi sul web? Probabilmente si limiterebbero a fare solo quelli che veramente sono giustificati da un forte impianto accusatorio.

    Ovviamente non sono un avvocato ma sarebbe interessante capire se almeno alcune delle mie considerazioni hanno fondamento...


    Saluti
     
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    FONDATORE DI BELLICAPELLI

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    Interessante dibattito mi riallaccio ricordando 3 diffide legali giunte a Bellicapelli da 2 centri tricologici ed un chirurgo italiano nell'ultimo anno che ci hanno obbligato alla cancellazione di alcune discussioni.
    Chiedo inoltre all'Avv.Natan se questo post sia ben formulato per quanto riguarda la limitazione della responsabilità per i commenti inseriti.

    https://bellicapelli.forumfree.it/?t=28327390
     
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  11. Brasilescu
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    Ciao Mitico Bola,
    ti do la mia opinione, che non è quella di un avvocato, non essendo io uno specialista di diritto.

    Credo che la manleva a cui ti riferisci non garantisca affatto una copertura completa.

    La responsabilità del commento è infatti dell'utente, la decisione sulla permanenza dello stesso all'interno del forum è degli amministratori e dei moderatori.

    Credo che funzioni come il giornalista che scrive un pezzo diffamatorio: lui sicuramente passa guai ma il direttore responsabile del giornale ha anche lui elementi di colpevolezza avendo "autorizzato" la pubblicazione del suddetto articolo. Per questo si parla di "Direttore Responsabile".

    Quindi mentre la decisione di postare un commento e il relativo contenuto sono responsabilità dell'utente, la decisione di tenerlo pubblico ed accessibile all'interno di una discussione configura una responsabilità potenziale degli amministratori, perchè postula la decisione di mantenerlo visibile ed accessibile a tutti. Questo sarebbe un potenziale e non secondario elemento che amplificherebbe la diffamazione. Questa responsabilità non è coperta dalla manleva a cui fai riferimento.

    La manleva a cui ti riferisci potrebbe essere utilizzata nel caso gli amministratori volessero rivalersi nei confronti dell'utente incriminato. nell'ipotesi in cui in l'amministrazione soccomba nel giudizio civile intentato dal chirurgo o dal centro tricologico per le responsabilità di mantenimento del post in discussione pubblica. In quel caso, la Amministrazione potrebbe intentare una causa di risarcimento contro l'utente, anche se le possibilità di vittoria sarebbero molto legate alla veridicità delle informazioni riportate nello stesso (se essa fosse verificabile in modo oggettivo dagli amministratori al momento della pubblicazione)

    Ripeto che sono solo impressioni, e ovviamente i confini della responsabilità non dovrebbero essere così netti come li ho descritti io.

    Sentiamo cosa dice l'Avvocato che chiarirà con la sua esperienza eventuali punti deboli del mio ragionamento.

    Saluti
     
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    Il nostro Brasilescu se non è un avvocato ha comunque una certa competenza, già che parla di "riconvenzionale"...

    Il punto è comunque il seguente, mi riporto a Brasilescu:

    "Credo che molti chirurghi provino spesso a spaventare gli utenti con queste citazioni, ma occorrerebbe che tutti fossero coscienti che chi fa una citazione in giudizio non è detto che la vinca...e come i chirurghi provano a spaventare gli utenti un bel contrappasso sarebbe per gli stessi chirurghi vedere il web inondato di informazioni pubbliche, trasparenti e verificabili sulle cause che intentano, magari solo per coprire errori madornali."

    Proprio attraverso questi "spauracchi" spesso si tengono nascosti errori, giudizi e via dicendo.
    Alcuni chirurghi, alcuni centri tricologici, alcune cliniche, si permettono un simile atteggiamento in quanto, spesso, hanno a disposizione strumenti, soprattutto economici, maggiori di molti pazienti/clienti.
    E' tuttavia paradossale che proprio con il denaro ricevuto dagli stessi pazienti/clienti, tengano questi sotto scacco!

    Non si può comunque generalizzare, ogni caso va valutato e studiato in maniera a se stante.

    In merito a quanto chiestomi da Bola, quanto affermato da Brasilescu è in linea di massima corretto, è altresì pertinente il paragone con l'editoria, è infatti tra i compiti degli amministratori quello di vigilare, monitorare,dove necessario, censurare, i post scritti dagli utenti.

    Purtroppo nessuna dichiarazione potrà totalmente liberare il forum da responsabilità in merito ai propri contenuti, ancorchè pubblicati dagli utenti.
    Si tratta infatti di una sorta di responsabilità, passatemi il termine, "in solido".

    Il mio consiglio è, dunque, per gli amministratori quello di controllare quanto pubblicato dagli utenti, e per quest'ultimi di valutare con attenzione quanto postato.

    Questo non vuol in alcun modo significare che non vi sia la libertà di esprimersi o di condividere le proprie esperienze, verrebbe meno la ragion d'essere di qualunque libertà fondamentale di parola e di pensiero, nonchè la stessa ragion d'essere del nostro bel forum, ma solo che bisogna fare ciò nel modo corretto, senza cadere in affermazioni diffamatorie.

    In caso di dubbo non esitate a contattarmi, sono a disposizione del forum.
     
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  13. 2bad
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    Ad abundantiam..

    (...) la giurisprudenza di merito ha affermato la natura di obbligazione di risultato nel caso di un trapianto di capelli.
    {{ Nel merito, essendosi le convenute impegnate ad eseguire l’impianto di capelli artificiali, siamo in presenza di una vera e propria obbligazione di risultato. Del resto, da tempo ormai la giurisprudenza della Cassazione tende a superare la tradizionale distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato, in particolare per quanto concerne, nell’ambito della prestazione sanitaria, la chirurgia estetica: si ammette infatti la possibilità per il chirurgo estetico di assumere un’obbligazione di risultato, sia pure in senso relativo, adeguato cioè al grado della tecnica e alla situazione pregressa del paziente (v. Cass. 25 novembre 1994 n. 10014) nei cui confronti esiste un più rigoroso obbligo di informazione. Né d’altra parte le convenute, da anni specializzate pressoché esclusivamente nel settore del trapianto dei capelli, e per le quali un tale intervento deve ormai considerarsi di routine, hanno sostenuto trattarsi di intervento di speciale difficoltà né hanno invocato l’impossibilità della prestazione.
    (Trib. Roma 23.12.1996, Archivio Civile, 1997, 179).

    fonte 'La responsabilità medica' di M. De Luca, A. Aalione, S. Maccioni, gruppo24ore, pag 258 (scaricabile gratuitamente in rete)
     
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12 replies since 11/10/2010, 23:12   6028 views
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