Responsabilità medica, danno al paziente, garanzia.

Cosa ne pensate di una garanzia rilasciata dalle cliniche con la mediazione di Bellicapelli?

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    La responsabilità medica può definirsi come la responsabilità professionale di colui che esercita un’attività sanitaria e deriva dagli eventuali danni derivanti al paziente da errori e/o omissioni del medico ovvero da condotte poste in essere in violazione degli obblighi inerenti all’attività stessa.
    Nel nostro ordinamento, come noto, sull’attività medico-chirurgica grava, in via generale, non un obbligo di risultato, bensì una mera obbligazione di mezzi.
    Da ciò discende, in buona sostanza, che il sanitario non è tenuto a garantire al paziente la sua definitiva guarigione, ma solo ad eseguire la sua prestazione con la diligenza dovuta, senza essere obbligato a conseguire un risultato specifico.
    Da tale prospettiva si distacca la chirurgia estetica, che rappresenta, non solo un ambito della medicina sempre più presente nelle nostre vite, ma altresì un particolare settore della medicina stessa, caratterizzandosi per non avere uno scopo primariamente “curativo”, essendo piuttosto finalizzata alla eliminazione – o quantomeno al miglioramento – di imperfezioni o inestetismi di un individuo che, tuttavia, è clinicamente sano.
    Da ciò deriva che una persona che intenda sottoporsi a prestazioni sanitarie di natura “estetica” lo fa sostanzialmente in vista del conseguimento di un determinato risultato.
    Di conseguenza, in tal caso, il paziente non si rivolge al sanitario solo per ottenere dallo stesso la rassicurazione o la garanzia che, nel corso della prestazione, lo stesso farà tutto il possibile per raggiungere il risultato medesimo.
    Pertanto, l’obbligazione che grava sul chirurgo estetico non è semplicemente quella di fornire al paziente delle cure, essendo piuttosto volta al miglioramento di imperfezioni o inestetismi.
    Di tanto, si è resa conto anche la giurisprudenza italiana, tanto che il Tribunale di Verona, con la recente sentenza n. 1620 del 16.08.2021, ha precisato come, nell’ambito della chirurgia estetica, il chirurgo professionista effettua un “intervento elettivo ad elevata vincolatività di risultato, nella previsione di un guadagno estetico”.
    E, ancora, il Tribunale di Piacenza, con una ancor più recente sentenza n. 29 del 27.01.2022, ha affermato come sia indubbio che chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, ai fini della rimozione di quello che il paziente stesso considera un difetto, dunque non per curare una malattia, da ciò discendendo che “il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto e ne determina la natura”.
    Ciò detto, risulta chiara la natura peculiare della specializzazione medica estetica, che ha portato una parte consistente della giurisprudenza italiana – sebbene non univoca – a considerarla quale fonte di un obbligo di risultato e non di mezzi, come nel caso della medicina in generale.
    Prendendo in considerazione la medicina estetica quale obbligazione di risultato, dunque, il medico chirurgo specializzato sarebbe tenuto a conseguire la finalità specifica che la persona che si sottopone al trattamento si è prefissata.
    Ne consegue che, qualora, all’esito dell’intervento e delle cure, il paziente non abbia raggiunto lo specifico risultato estetico che lo stesso si prefiggeva, il personale sanitario coinvolto potrebbe essere chiamato a rispondere dei danni al medesimo cagionati.
    Come è evidente, il diffondersi della chirurgia estetica all’interno della società ha avuto un impatto anche in ambito giuridico, proprio perché ha posto un pressante interrogativo sul ruolo del chirurgo estetico, nonché sui doveri informativi incombenti in capo al medesimo nei confronti del paziente ed anche sulla sua responsabilità in caso di insuccesso operatorio.
    È importante precisare che, in capo al chirurgo estetico, deve riconoscersi un onere informativo più elevato nei confronti del paziente, il quale dovrà rilasciare un consenso pieno, attuale, libero, volontario ed autonomo.
    E ciò, proprio perché la chirurgia plastica ha una finalità ulteriore e diversa rispetto a quella della medicina in generale, ossia una finalità prettamente estetica.
    È allora opportuno richiamare una sentenza della giurisprudenza di legittimità, ossia la sentenza n. 47265/2012, in cui la Suprema Corte si è impegnata nel delimitare i confini della responsabilità penale del professionista sanitario, effettuando una precisa distinzione tra “malattia”, che consiste in una “perturbazione funzionale di tipo dinamico che, quindi, dopo un certo tempo, conduca alla guarigione, alla stabilizzazione in una nuova situazione di benessere fisico degradato o alla morte” e “inestetismi”, da ricondurre ad una “situazione consolidata di “abnormalità morfologica” o di aggravamento di una situazione di tal genere preesistente, che non adduce alcun pregiudizio funzionale e, soprattutto, non innesca un processo morboso evolutivo”.
    È chiaro che non sempre è facile differenziare il fine terapeutico da quello estetico e che un obbligo di consenso maggiormente informato da parte del professionista è essenziale per assicurare un’operazione pienamente volontaria.
    Tuttavia, ad avviso della dottrina, un onere, anche di carattere probatorio, così elevato in capo al solo chirurgo plastico risulta eccessivo e, spesso, non efficace sul piano del rilascio di un consenso davvero volontario.
    Pertanto, pur essendo la giurisprudenza più recente a favore di un’obbligazione di risultato, è indubbio come il maggior onere informativo incombente sul professionista richieda, al contempo, l’adozione di un livello di rischio più elevato in capo al paziente, il quale dovrà dimostrarsi ben conscio dei maggiori rischi di insuccesso derivanti sia da cause direttamente dipendenti dal medico, sia da cause di natura esterna, proprio per il carattere della chirurgia estetica, non strettamente urgente, necessaria o salvavita, come nel caso della chirurgia “tradizionale”.
    Ad ogni modo, sotto un profilo più pratico, il paziente che abbia subito un danno estetico, anche detto danno “fisiognomico”, che consiste nella lesione dell’aspetto fisico, ossia in un peggioramento dell’immagine, che certamente può anche comportare un disagio psichico e relazionale, ha la possibilità di rivolgersi ad un avvocato ai fini della richiesta di risarcimento del danno subito, nonché del rimborso di tutte le spese sostenute per l’operazione e quelle da sostenere per le ulteriori operazioni cui sottoporsi per cercare di migliorare il difetto arrecatogli.
    Il risarcimento conseguente dal danno estetico deve essere, peraltro, valutato nel suo complesso, potendo sovrapporsi danno prettamente estetico e danno psicologico, come ha precisato la Corte di Cassazione, sez. VI, con la sentenza n. 8220 del 24.03.2021.
    Quindi, il giudice è chiamato a considerare tutti i diversi profili del danno non patrimoniale derivante da un intervento chirurgico errato, valutandoli complessivamente, in considerazione di tutte le ripercussioni, sia sul piano estetico, sia su psichico e relazionale.
    Il danno alla salute, peraltro, può essere aumentato laddove il medico non avesse nemmeno correttamente informato il paziente dei possibili rischi dell’intervento, quindi non vi sia stato un consenso informato da parte del paziente.
    Come vediamo, dunque, allo stato attuale la medicina estetica è l’unico settore medico in cui l’obbligo assunto dal medico può configurarsi quale obbligazione di risultato, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano di una maggiore garanzia nei confronti del paziente.
    A ciò si aggiunga che può essere sottoscritto un vero e proprio contratto di prestazione d'opera tra medico e paziente e, a volta, alcune cliniche rilasciano anche una garanzia scritta.

    Sull'ultimo punto, Bellicapelli, nella sua funzione di collegamento tra medici e pazienti potrebbe, di concerto con le cliniche, rilasciare una garanzia sull'intervento, una sorta di sigillo ovviamente sottoscritto dal medico, a tutela dei propri iscritti. Cosa ne pensate a riguardo?
     
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    Ovviamente nessuno del forum le dirà di no avv
    Ma le cliniche, specialmente estere , non credo che vadano a risarcire clienti italiani non soddisfatti del risultato

    Edited by salsazio - 24/11/2023, 13:52
     
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    CITAZIONE (salsazio @ 24/11/2023, 13:36) 
    Ovviamente nessuno del forum le dirà di no avv
    Ma le cliniche, specialmente estere , non credo che vadano a risarcire clienti italiani non soddisfatti del risultato

    Un conto è un'insoddisfazione per una ricrescita magari non del tutto soddisfacente, che può essere dovuta a mille fattori, un discorso del tutto diverso è invece quello di un errore chirurgico che porta ad un danno fisico e psicologico per il paziente
     
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2 replies since 24/11/2023, 09:29   213 views
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